martedì 5 giugno 2007

Tradizione manoscritta e criteri di edizione dei Fabliaux di Jean de Condé


I fabliaux sono traditi in tre copie manoscritte:

- N = Casanatense : risalente al XIV secolo ed acquistato nel corso del 700 dalla biblioteca.

Il codice comprende tre fabliaux: Il racconto della coperta

Il racconto della novizia

Le braghe del prete

Il manoscritto è probabilmente opera di diversi copisti, dato il riscontrato cambio di mano in corso di copiatura. La grafia adottata è la bastarda minuscola e la lingua del copista è il Piccardo.

Il manoscritto esempla anche 21 componimenti a firma di Jean de Condè, 1 di altro autore e 15 anonimi, probabilmente attribuibili al Condé.

- R = Parigi, biblioteca nazionale : manoscritto copiato in più riprese e da diversi antigrafi tra la

fine del XII secolo e l’inizio del XIV. Esempla il solo “ chierico”, e 41 componimenti ad

opera di Jean de Condé. La lingua del copista è il Piccardo ( copista indicato solitamente con

la lettera E )

- W = Parigi, arsenale : manoscritto risalente alla metà del XIV secolo. Esempla tre Fabliaux di

Condè : Il racconto del sentiero battuto (in codex unicum )

Il chierico

La lingua è francianizzata ad opera del copista. E dei tre codici appare quello meno filologicamente corretto. Il manoscritto riporta anche 50 componimenti, di cui alcuni assenti in N.

Comparazione:

Dallo studio comparato dei tre codici risulta evidente lo stretto legame di parentela tra i manoscritti parigini. Questi presentano numerosi componimenti in comune e, fatta eccezione per rari casi, disposti nel medesimo ordine. Alcuni dei componimenti presenti in R non sono traditi in W, mentre in W sono presenti due componimenti assenti in R. La teoria secondo la quale R non sia altro che una copia di W francianizzata, risulta in effetti non attendibile.

N risulta in una posizione di preminenza nei confronti degli altri due codici.

Uno studio comparato del “ dit del la peolote”, dimostra:

- un congruo numero di varianti comuni tra W e R

- numero di poco inferiore di varianti comuni tra W e N

- solo 5 varianti comuni tra R e N (il che indica la probabile esistenza di un antigrafo di R )

L’indagine comparativa non vale anche per i Fabliaux, in quanto traditi in codici unici ( fatta eccezione che per il racconto del chierico ).

Edizione

L’autore ha scelto per l’edizione del Racconto del sentiero battuto, di conservare la fedeltà all’originale pervenuto in W. Gli emendamenti non sono dunque di carattere linguistico, bensì riguardano errori certamente di copiatura o meccanici.

Nell’edizione del Chierico si è scelto invece di seguire i medesimi criteri, ma riportando la lezione di W, considerata più prossima alla scelta dell’autore. Peraltro le varianti presenti in W e R, risultano per lo più di carattere fonetico o grafico.

Precedenti edizioni a stampa di opere di Jean de Condé

- La prima edizione che riporti un opera di Jean de Condé risale al 1759. Pubblicata a Parigi ad opera di Etienne Barbazanne. Il volume comprendeva antichi testi in francese, tra i quali figura il racconto della via battuta di tale Jean de Condè, poeta vissuto nel XIII secolo. Il lavoro di Barbazanne risulta meticoloso ma non scientifico. Infatti l’editore rimane fedele alla tradizione solo nei punti in cui lingua francese e volgare francese coincidevano. Per il resto Barbazanne si preoccupa di adeguare lingua e grafia a quella francese del 700.

- Seconda edizione è quella di Meon, del 1808, in cui viene riproposta la pubblicazione del Racconto del sentiero battuto e per la prima volta del racconto del chierico che fu trovato dietro la credenza ( trascritto da W ).

Per ciò che riguarda i criteri di edizione, questi sono del tutto simili a quelli non scientifici di Baebazanne.

- Al 1860 risale l’edizione di Tobler, prima edizione critica delle opere di Jean de Condé. Le opere sono state trascritte direttamente da N. Emendamenti riguardano solo errori ritenuti meccanici o di copiatura. Il testo è comunque accompagnato da un esauriente apparato critico. Unica critica all’edizione Tobler: numerosi errori di trascrizione.

- Edizione Scheler 1867 ed edizione Montaiglion (di poco successiva), utilizzano non i manoscritti ma le edizioni precedenti!!! Riuniscono tutti i Fabliaux di Jean de Condè.

Fabliaux e Jean de Condé

Jean de Condè; vita ed opere

Data di nascita e di morte del poeta sono incerte. A giudicare da alcuni riferimenti storici riscontrati all’interno dei suoi componimenti si può attestare la nascita del Condé intorno al 1274 e la sua morte al 1345. Figlio di Baudouin de Condè, già pota di corte, non è si conosce con certezza le tracce della sua vita precedente allo stanziamento nell’Haynaut. Qui accolto dal duca Guglielmo I, guadagna una posizione sicura a corte. I suoi 77 componimenti non lasciano quasi mai spazio alla storia, ne ai grandi rivolgimenti politici e militari che riguardano la Francia in quel periodo. Anche li dove pare esservi un preciso riferimento a fatti storici determinanti, questi vengono solo utilizzati come spunto per una riflessione morale o un plauso alla condotta del duca Guglielmo I.

Si è soliti suddividere in due filoni l’opera di Jean ( che consta di 22.000 versi ):

- da una parte la poesia morale e pedagogica

- dall’altra la poesia narrativa

Naturalmente il confine tra le due parti della produzione del poeta è sottile. Anche in componimenti leggeri e risibili, quali i Fabliaux, non vi è esenzione da tratti moraleggianti.

I motivi che spingono l’austero Jean ad occuparsi di un genere tanto futile e in decadenza sono poco chiari. Scartata l’ipotesi di una precisa volontà dell’autore di avvicinarsi alla favola ci si è a lungo interrogati sulle motivazioni di tale scelta.

Ci si domanda il perché della scelta di intraprendere un cammino letterario ormai in declino, e che comunque si addiceva più al repertorio di un giullare che non a quello di un poeta raffinato come Jean de Condé.

L’ipotesi più accreditata è quella di una richiesta esplicita da parte di qualche signore che, stanco di componimenti grevi, abbia commissionato un repertorio leggero. Tuttavia non è da scartare nemmeno l’ipotesi che dietro al riferimento alla commessa presente nella favola, ci sia una volontà di frivolezza del poeta stesso.

In ogni caso, ciò che appare evidente è che Jean de Condè appare inizialmente restio alla favolistica, e poi, sempre più a suo agio in un contesto di poesia dalla dimensione quasi esclusivamente narrativa.

I Fabliaux non erano destinati ad essere letti nelle piazza ( il che è testimoniato anche dal ruolo che il poeta assegna ai suoi personaggi villani e cittadini nei componimenti ), tuttavia non è escluso che la loro commissione potesse venire anche da parte di borghesi arricchiti, peri i quali poter pagare un troviere era segno di innalzamento sociale.

Spesso la stessa nobiltà alla quale fa riferimento Jean è fatta oggetto di scandalo e riso. Tuttavia in questo caso, la società e la cultura dell’epoca non permettono al poeta di calare aristocratici in situazioni o fatti ambigui. A movimentare i componimenti in questi casi è la parola, il motto. Ai nobili di Condè non vengono infatti risparmiate battute scandalose e sconvenienti.

I personaggi dei componimenti sono stereotipati: la moglie è sempre traditrice ed astuta, il marito rozzo e scarso di intelletto, l’amante sempre funzionale alla definizione caratteriale della donna e descritto solo per classe sociale. Gli ambienti vengono sempre poco illuminati e solo nel caso “del racconto del chierico che fu trovato dietro la credenza”, si trova la descrizione fisica di un personaggio.

letteratura medievale francese ( da Michel Zink )

Letteratura medievale francese

La letteratura francese emerge nel medioevo. Il medioevo può essere considerato come un momento di intenso cambiamento, di rottura con il mondo romano. In questo spazio temporale che la storiografia comprende tra il 476 e il 1492, emerge una cultura e una socialità del tutto diversa da quella dell’epoca antica. La lingua muta, si trasforma; dal latino più o meno uniforme alla frammentazione linguistica europea.

Tuttavia al cambiamento fa riscontro una determinata sete di continuità e di imitazione del prestigio culturale latino.

In questo contesto la letteratura francese prende piede a partire dal IX secolo, per raggiungere il suo pieno compimento intorno all’XI secolo; dove vedremo prenderanno forma particolari generi letterari quali: la canzone di gesta, la poesia lirica, il romanzo. Per tutto il XII secolo si svilupperanno queste particolari forme letterarie, le quali troveranno ulteriori sviluppi nel corso del XIII secolo.

Genesi della letteratura francese

La letteratura francese nasce dall’incontro tra il volgare e la cultura ecclesiastica. In particolare la chiesa rappresentava l’unica istituzione residua dopo lo sconvolgimento portato dalle invasioni barbariche. La struttura della chiesa era ancora forte e capillarmente diffusa sul territorio. Nell’alto medioevo chiunque avesse voluto imparare a leggere o scrivere avrebbe dovuto affidare la propria formazione a strutture ecclesiastiche. Ne risultava che la chiesa fosse praticamente l’epicentro della diffusione e della conservazione della cultura; della cultura latina.

La frattura tra la il latino e la lingua degli incolti si evidenzia e si istituzionalizza già con il concilio di Tours dell’813. Qui viene stabilito che le omelie dovessero essere recitate in volgare, piuttosto che in latino.

Poco più tardo ( 842 ), è il primo documento in volgare redatto da Nitardo: il giuramento di Strasburgo.

Il procedimento di formalizzazione del volgare è ormai iniziato. Nel territorio francese si svilupperanno diverse varietà raggruppate in una lingua d’oc ed una d’oil. Di fronte a questa frammentazione linguistica la letteratura avrà un ruolo unificatore.

Scrittura e oralità

Nel medioevo la pratica della scrittura era scarsamente diffusa. Pochi erano in grado di scrivere ( in genere chierici ), e comunque la scrittura era impiegata per lo più come supporto mnemonico per testi orali. I libri sono rari e costosi, in genere scarsamente diffusi. La lettura è eseguita ad alta voce e cantilenata per giunta. Del resto la poesia latina stessa era scritta per essere cantata.

L’avversione per lo scritto è tanto sentita che nemmeno il nascente mondo universitario contribuisce allo slancio della scrittura.

D’altro canto se la scrittura non esiste scevra da vincoli con l’oralità, è pur vero che la scrittura è sacra e fa autorità ( si pensi alla bibbia ).

Vero è anche che scrittura e cultura non sempre vanno di pari passo. Spesso uomini colti non erano avvezzi alla pratica, mentre miseri chierici erano in grado di leggere e scrivere. In sostanza era l’oralità il vettore di diffusione principale della cultura.

Il ruolo principale di diffusione della cultura spettava a due figure particolari: il chierico ed il giullare. Il chierico era al contempo uomo di lettere e di chiesa; il giullare, ripudiato dalla chiesa, non sempre era in grado di leggere e scrivere, ma ha comunque contribuito alla diffusione orale della letteratura e talvolta ha anche contribuito alla sua produzione.

I primi testi

La chiesa prese ad interessarsi del volgare a partire dal concilio di Tours.

Tuttavia non furono diretti effetti del concilio a produrre i primi testi in volgare. In effetti le omelie prodotte per l’uditorio volgare non erano destinate ad essere scritte, in quanto ritenute di scarso valore letterario. Ben presto però, proprio per esigenze didattiche nate in seno alla chiesa, inizieranno ad venir prodotti testi ritenuti degni di essere scritti.

Il primo esempio di letteratura volgare di stampo religioso è la cantilena di S. Eulalia ( 881 ). La cantilena è un canto che viene inserito tra due alleluia. Questa sequenza, conservata nel manoscritto di Valenciennes, segue immediatamente un'altra dedicata alla stessa santa ma in latino. Le differenze dei due testi evidenziano l’intento didattico di quello volgare, al quale vengono aggiunte parti agiografiche assenti in quello latino, dal solo valore encomiastico.

Analoghi tratti sono riscontrabili in tutta la produzione letteraria francese dell’XI secolo.

Si tratta infatti di poesia religiosa e spesso liturgica.

- Vie de S. Leger, del X secolo.

- La Chanson de sainte Foy d’Agen, composta probabilmente per una processione, dunque paraliturgica ma non religiosa. Si tratta di un poema in lingua d’oc, narrato da un giullare. ( XI sec.)

Anche il tetro non ha sviluppi linguistici propri ma resta legato al teatro religioso come una sua appendice. Il teatro religioso era un teatro liturgico: drammatizzazioni venivano operate in particolari periodi del calendario liturgico.

Il primo testo con stralci in volgare è lo Sponsus, dell’ XI secolo. Lo Sponsus narra delle vergini savie e delle vergini stolte e presenta 4 strofe e il ritornello in francese.

Dal IX all’ XI secolo non vi è traccia di letteratura volgare profana. L’unica eccezione è rappresentata dall’ Alba bilingue di Fleury, in cui ogni strofa in latino è seguita da un ritornello in volgare. In realtà non si è mai riuscito a decifrare la lingua dell’Alba di Fleury.

Versi la fine dell’XI secolo la letteratura francese sembra svincolarsi chiaramente dalla liturgia della chiesa.:

- il Boezio è una traduzione volgare di un testo del V secolo di consolazione filosofica. Non ha nulla di liturgico ma non si pone in rottura con la tradizione perché è una traduzione.

- Poco più antico del boezio è la vita di S. Alexis. Importante perché corposo e dalla versificazione sontuosa. La vita di S. Alexis è anch’esso una traduzione ma ha elementi di rottura con la metrica precedente. Qui viene introdotto il decasillabo e l’assonanza, preludio della lassa epica.

In conclusione la letteratura francese dal IX all’XI secolo deriva dalla letteratura religiosa-liturgica e non presenta tratti veramente originali dal punto di vista dei contenuti. Si configura piuttosto come la trasposizione in volgare della letteratura latina.

Le chanson de geste

Sul finire dell’XI secolo si sviluppano delle manifestazioni letterarie che poco hanno a che vedere con il progressivo emanciparsi della poesia religiosa dalla liturgia cristiana: chanson de geste nel nord della francia e poesia lirica nel sud.

Il primo e più antico documento manoscritto di chanson de geste pervenuto è quello della chanson de Roland, conservato ad Oxford e sicuramente risalente al 1098.

Il primo trovatore in lingua d’oc fu senz’altro il duca d’Aquitania Guglielmo IX, vissuto tra il 1071 ed il 1127.

Le chanson de geste sono dei poemi epici strutturati in lasse ( irregolari ), solitamente in decasillabi con emistichi asimmetrici.

Si tratta di poemi epici cantati che prevedono l’estensione del canto per tutta la lassa senza interruzioni. Proprio questa caratteristica rende la canzone di gesta notevole per le sue caratteristiche fisiche. La semplice melodia, la cadenza fortemente ritmica, la rendono quasi ipnotica.

Altra caratteristica della canzone di gesta è data dal contenuto. Le canzoni di gesta hanno sempre temi marziali e sono sempre ambientate in epoca carolingia, se non esattamente durante il regno di Carlo magno. Le canzoni di gesta sono organizzate in cicli intorno ad una canzone originaria che narra di un evento straordinario; da questa muoveranno a ritroso o in prossimità le seguenti canzoni del ciclo. I cicli sono tre:

- quello che narrano le vicende di Carlo Magno ( chanson de Roland )

- quello che narrano dei baroni avversari di Carlo Magno

- quello che narra di Guillaume d’Orange ( Chanson de Guillaume )

Rimane aperta la questione che riguarda il motivo per il quale l’intera letteratura epica dell’XI-XII secolo sia ambientata nel IX.

La chanson de Roland narra del massacro della retroguardia dell’esercito di Carlo Magno, durante il quale trovò la morte il nipote Rolando, ucciso nell’imboscata preparata dal padrigno Gano nella gola di Roncisvalle.

I manoscritti che riportano in frammenti la vicenda sono numerosissimi ma solo sette sono quelli che la esemplano integralmente. La più antica versione è senza dubbio quella di O, del 1098 (data attestata dal fatto che sono riportate descrizioni di cammelli, utilizzati nella battaglia di Zalanca di poco precedente. ). Le chanson sono in decasillabi o più raramente in alessandrini.

La battaglia di Roncisvalle è riportata negli annali per l’anno 778. Una prima compilazione degli annali regi non riporta di alcuna battaglia di Roncisvalle. Diversamente una seconda versione degli annali di poco successiva annota di un’imboscata ad opera di predoni baschi.

Nella Vita Karoli di Eginardo, viene notata la morte di alcuni notabili franchi, tra i quali per ultimo anche tale Rolando.

Diversa ancora la versione degli storici arabi. Questi raccontano di Carlo Magno che, chiamato a Saragozza dal governatore della città in ribellione nei confronti del sultano Cordova, si vede chiudersi in faccia le porte della città. Carlo avrebbe allora assediato Saragozza, catturato il governatore e tentato di tradurlo in Francia, salvo incontrare la controffensiva dei figli del governatore ( aiutati dai Baschi ), sul colle di Ibaneta ( Roncisvalle ). La battaglia si sarebbe risolta con una sonora sconfitta dei Franchi, che per tale motivo avrebbero deciso di sottacere all’accaduto.
Tuttavia la forte eco della vicenda si sarebbe diffusa tanto da non consentire al re di mantenere segreta la disfatta; per questo si sarebbe tentato di ovviare riducendo la questione ad un semplice vile attacco di bande basche.

Sembrerebbe inoltre che alcuni tratti linguistici della chanson de Roland siano troppo arcaici per il 1098, e che allo stesso modo anche i confini designati nel testo non corrispondano affatto alla marca francese dell’ XII secolo.

Si presuppone insomma l’esistenza di una tradizione precedente a quella testimoniata da O. Tale ipotesi sarebbe peraltro avvalorata da quanto riportato da Eggiardo, il quale racconta di un giullare che intona la cantilena Rollandi nel 1066. Ancora più significativa appare la brave che sintetizza la vicenda di Rolando nella nota Emilianense, di poco precedente ad O. Singolare appare anche la testimonianza di numerosissimi fratelli nominati Rolando ed Oliviero in numerose carte provenzali per tutto l’XI secolo.

La questione delle origini della chanson de geste

Per primi ci si mettono Herder ed i fratelli Grimm. Asseriscono che le origini di una letteratura sono sempre spontanee e popolari.

- dalla teoria dei fratelli Grimm, Paris prende spunto per una nuova elaborazione. Secondo Paris le chanson de geste sarebbero la sistemazione concatenata di cantilene popolari spontanee ed anonime.

- A Paris risponde allora Rajna, il quale fa notare come le canzoni di gesta non siano popolari ne per temi, ne per stile e metrica, e che comunque non esiste traccia di cantilene popolari precedenti. ( Il fatto è che Paris stesso accettando la teoria della tradizione germanica e rinunciando a quella della tradizione popolare francese, assegnava un ruolo di preminenza storica alla matrice tedesca )

- Bedier invece sostiene la teoria della genialità di un unico poeta dietro alla stesura di ogni canzone di gesta. La teoria individualista di Bedier è resa ancora più originale dal presunto vincolo che lega le vie sacre alla produzione letteraria. Secondo Bedier infatti sarebbero stati i chierici a raccogliere dati sulle vicende delle canzoni di gesta ( che si muovono tutte sui vettori delle vie sacre ), a commissionare ad unico geniale poeta la produzione di una canzone, al fine di promuovere i propri santuari. ( Oliante di Rolando, Bordeaux ).

- La tesi di Bedier viene presto confutata da Ferdinand Lot, che nota come tutte le canzoni nascano effettivamente in relazione alle vie sacre, tranne per le più antiche chanson de Roland e chanson de Guillaume.

- Pidal sostiene che i testi medievali nascano come un susseguirsi di variazioni ad opera di poeti orientati al gusto della propria epoca. Tradizionalista.

Performance orale e scritto

Sulla scia delle teorie di Pidal, Duggan e Lord sostengono il carattere di performance della canzone di gesta. Per Duggan ogni esecuzione di una canzone rappresenta una genesi precisa e non identica ad un'altra. Duggan rintraccia nelle canzoni di gesta, e nello stesso manoscritto O, uno stile formulare simile a quello dei cantori balcanici moderni. Dunque per Duggan l’unica differenza tra canzone di gesta e romanzo nella Francia dell’XII secolo e che una era destinata all’oralità, l’altra alla scrittura.

In realtà lo stile formulare appare nello scritto non come residuo di una tradizione orale ma come un ricorso stilistico preciso, utilizzato per impreziosire il testo. Le parti copiate nei manoscritti che testimoniano l’esistenza di una performance orale del testo sono funzionali e voluti, anche nello scritto.

Il genere della canzone di gesta avrà fortuna per tutto il medioevo ma con alcune modifiche. Presto ai cicli carolingi si sommeranno cicli sulle crociate, e in un secondo momento alla versificazione in decasillabi e alessandrini assonanzati si mescoleranno temi romanzeschi.

La poesia lirica

Sulla nascita della poesia lirica.

Sono attestate forme di poesia cantilenata, cantate da donne già prima della comparsa del volgare. Si trattava dunque di poesie latine ma che rompevano con la tradizione metrica precedente.

Tuttavia la poesia lirica francese non sembra avere origine da questa, così come non ha chiari legami con la poesia religiosa e didattica ( inizialmente liturgica ), comparsa dopo il concilio di Tours.

Primo trovatore in lingua d’oc fu Guglielmo IX duca di Aquitania ( 1071-1126).

In pochi anni i suoi emuli trovatori si diffusero in tutte le corti della Francia meridionale, per poi passare alla Francia del nord a partire dal XII secolo. La poesia lirica dei trovatori e dei trovieri si sviluppa come poesia di corte.

La poesia di corte aveva come tematica principale l’amore e la donna. La concezione dell’amore al centro del tema cortese era del tutto nuova. L’amore cortese è un amore perfetto e perché possa esserlo deve identificarsi con il desiderio. L’identità desiderio-amore, porta al moltiplicarsi intenzionale degli ostacoli sulla via del compimento della passione. La donna amata deve essere necessariamente la donna di un altro, deve essere di rango superiore rispetto al pretendente ( in modo di ricalcare il sistema feudale ), ma non deve essere inaccessibile. Il modello d’amore cortese prevede infatti l’asperità del sentiero ma non l’inaccessibilità.

Da parte sua il cavaliere deve essere nobile di nascita, di cuore, amante del lusso e della ricercatezza ma ben lungi da ogni cupidigia.

Presto si inizia ad identificare la canzone amorosa con il l’amore stesso: chi meglio ama, meglio canta. L’amore si configura quindi come virtù suprema da conseguire.

La poesia dei trovatori

Trovatore> trovare> trobare > tropo, metro usato in antichità per poesia.

La lirica dei trovatori si formalizza per lo più nel canso (canzoni ).

La poesia lirica dei trovatori si divide in:

- trobar clus, ermetica

- trobar leu, semplice e più popolare

- trobare ric, stilisticamente sontuosa; spesso più attento al metro che al contenuto

La purezza dell’amore, porta all’idealizzazione. L’idealizzazione a sua volta rimuove ogni contesto all’amore. Per questo motivo, preso i trovieri del nord, scherniranno le ambientazioni primaverili dei primi versi delle canzoni dei trovatori.

Le origini della lirica cortese

La ricercatezza e l’ambientazione della lirica cortese impediscono di metterle in relazione di continuità con la tradizione popolare. In quasi tutte le civiltà del bacino del mediterraneo canzoni amorose erano cantate nell’antichità da donne. Tuttavia il punto di vista maschile delle canzoni dei trovatori fa presupporre che queste non derivino da una tradizione popolare femminile.

Altri studiosi asseriscono la continuità tra la poesia latina del V secolo e la lirica cortese. In questa ottica i componimenti di Guglielmo IX dovevano essere ispirati alla tradizione dei chierici e goliardi, a loro volta ispirati dai poemi erotici di Ovidio. Una prima tesi di confutazione a questa prospettiva tradizionalista sta nel fatto che la poesia latina veniva letta, non cantata.

Una altra fonte di studio vorrebbe derivare la lirica cortese da una precedente tradizione araba. In effetti la cultura araba sviluppa in concetto di amore idealizzato non dissimile a quello cortese ma la metrica della quale si serve nei componimenti ( muwwashsh ), era sconosciuta prima della conquista della Spagna, dunque probabilmente di origine mozaraba. Inoltre le khargia delle strofe arabe sono sovente in lingua volgare, il che avvalora la tesi di una tradizione successiva ad una ipotetica Andalusa. Resterebbe da definire perché la lirica cortese sia poi fiorita a in Francia e non in Spagna.

Chi erano i trovatori

I trovatori erano nobili, nobili decaduti, ricchi mercanti, vagabondi, giullari. ( Falchetto di Marsiglia era un mercante )

Le loro vite sono spesso annotate in parti biografiche all’interno di canzonieri ( antologie ). I canzonieri presentano anche brevi commenti alle opere.

A partire dalla fine del XII secolo ( in particolare con la crociata contro gli albigesi ), le corti del nord prendono il sopravvento sul sud. La lirica cortese viene esportata a nord da una nipote di Guglielmo IX .

Le liriche dei trovieri sono più pudiche e non conoscono il trobar clus. Nel nord comporre poesie è un gioco sociale meno rilevante che al sud. Presto alle corti si sostituiscono grandi centri commerciali del nord, dove intorno a ricche famiglie mercantili si raggruppano numerosi poeti. Senza che si possa parlare di letteratura borghese, qui nel corso del XIII secolo prendono piede generi non legati alla tradizione cortese.

Chansonne de femme e lirica non cortese

Generi non cortesi sono:

- le albe: tema della separazione degli amanti al mattino presente in tutta la letteratura mondiale. In qualche modo si possono inserire nel tema cortese: gli amanti segreti costretti a separarsi al mattino.

- le chanson de toile: rovesciamento dell’ottica del genere cortese. Sono le donne a paralare dell’amore cortese. Sembrerebbero in continuità con la tradizione delle canzoni di donne presenti in tutta la tradizione dell’area mediterranea. Tuttavia non sembra plausibile un origine femminile e popolare anche per le chanson de toile . Quasi certamente queste canzoni in decasillabi , rimate o assonanzate, vengono composte da uomini in base ad un preciso gusto riscontrato in Alsazia, Lorena, Vallonia, intorno al XIII secolo.

- le malmaritate: in cui donne malmaritate trovano giusta soddisfazione nell’amore consumato con il cavaliere.

- le pastorelle: in cui il cavaliere trova riscontro amoroso nella semplice pastorella, dopo le lungaggini del rapporto con la dama poco accessibile.

- i rondeaux da danza: in cui si condensano diversi generi senza un ordine preciso.

- le primavere: estensione del tema primaverile proprio delle prime strofe della lirica cortese a tutto il testo. Probabilmente di origine antica e pagana, ma attuali in particolari celebrazioni religiose fino all’epoca moderna ( si pensi al Maggio ).

Il romanzo

Compare successivamente alla canzone di gesta e alla lirica cortese. La sua attestazione risale alla seconda metà del XII secolo. Il primo fondamentale elemento che lo differenzia dalla canzone di gesta e dalla lirica è che non è destinato al canto. Il romanzo è destinato alla lettura, se pure a voce alta e collettiva, dato che la lettura introspettiva e individuale si affermerà molto dopo.

Il romanzo prende il suo nome da roman, che in francese era il termine con il quale si differenziava la lingua latina da quella volgare. Il romanzo rimane in versi almeno fino al XIII secolo. Il verso scelto per il romanzo è l’ottosillabo a rima baciata. Questo tipo di verso non particolarmente marcato viene considerato una sorta di grado zero della metrica francese. La scelta dell’ottosillabo indica la volontà di rompere con la tradizione della canzone e di rinunciare dunque allo sfruttamento delle caratteristiche fisiche del testo.

I primi romanzi francesi non sono che delle traduzioni e degli adattamenti di testi latini. A produrre questo genere furono senza dubbio dei chierici in grado di leggere e scrivere il latino. Il nucleo dell’indagine di questi romanzi è la storia. Ad esempio Wace, riprendendo il nucleo originario dell’Eneide di Virgilio, con il suo Roma de Brut, prosegue la narrazione con un viaggio di Brut in Gran Bretagna, dove darà discendenza ai Plantageneti. Si tratta dunque di una storia referenziale, inventata per trovare nobili origini alle maggiori casate del nord Europa. I primi romanzi ad opera di chierichi si inseriscono quindi in continuità con la tradizione latina, sia perché tradotti ed adattati, sia perchè in parte ambientati in area mediterranea.

Il Brut di Wace è un rifacimento della Historia regum Britanniae di Goffredo di Monmouth, in cui per primo si attesta di Artù, difensore dei celti difronte all’invasione sassone.

All’opera di Monmouth, Wace aggiunge della tavola rotonda. Da questo momento in poi la prospettiva storicistica-refernziale del romanzo cederà il passo al senso intrinseco della narrazione, sulla base delle vicende arturiane.

Il primo grande autore arturiano è Chretien de Troyes. Poco si sa sulle sue origini e della sua vicenda personale ma quasi sicuramente fu chierico. A lui sono attribuiti due canzoni d’amore e cinque romanzi in versi, di cui l’ultimo ( Conte du Graal o Percival ), rimase incompiuto dall’autore a causa della sua morte.

Certamente Chretien ebbe contatti con le corti di Champagne e Vallone.

Caratteristica comune dei cinque romanzi di Chretien è che sono tutti di stampo arturiano.

Chretien sostituisce alla prospettiva storica del romanzo francese d’esordio, quella delle vicende personali e avventurose di un personaggio designato. Al susseguirsi del tempo e delle discendenze, oppone uno scorcio temporale preciso e un eroe. Il tutto inserito nel mondo dei valori cavallereschi e cortesi. Paradossalmente pur trattandosi di romanzi arturiani non vi sono mai narrate vicende riguardanti Artù o Merlino; questi sono solo i garanti dei valori cortesi e cavallereschi.

In sostanza ogni romanzo è un frammento particolare di una storia che l’autore presuppone tanto famosa da essere già nota, tanto al punto che narrarla di nuovo o farvi riferimento sarebbe ridondante.

Le fonti celtiche ed il Lai bretone

Tradizioni celtiche hanno certamente contribuito alla produzione dei cicli arturiani ( soprattutto le tradizioni gallesi ed irlandesi ). Nonostante i primi manoscritti di lai bretoni siano del XIII secolo e dunque successivi a quelli che riportano le opere di Wace e Chretien, questi sono sicuramente precedenti. Nella sua antologia di lais Bretoni Maria di Francia riporta alcuni lais che ispirano direttamente Troyes ( alcuni sono di stampo arturiano ).

Il caso Tristano

Tristano è allo stesso tempo modello e antagonista della tradizione cortese.

La vicenda di Tristano ed Isotta è conosciuta dai trovatori già prima del XII secolo. Anche per il Tristano sono provate origini celtiche. Già una storia di rapimento Irlandese del IX secolo riporta somiglianze precise con il Tristano.

Malgrado la popolarità della leggenda, i primi due manoscritti francesi che la riguardavano sono andati perduti. Nei successivi manoscritti la storia è presentata solo frammentariamente o mutilata.

Per conoscere nel complesso la storia di Tristano e Isotta bisogna riferirsi alla letteratura tedesca ( che mutua la storia da quella francese ).

La scarsità di esempi manoscritti per una leggenda tanto diffusa sembra indicare una sorta di censura sul testo. In effetti alla ricerca ostinata dell’amore propria del Tristano ed in perfetta identità con l’analogo concetto cortese, fa riscontro un vincolo non naturale che lega il protagonista al suo amore: un filtro magico. In oltre la bella Isotta è costretta ad amare il suo signore Marco e contemporaneamente il cavaliere Tristano. Entrambe gli elementi concorrono a corrompere la purezza dell’amore cortese. Lo stesso Chretien tenta in una sua canzone d’amore di riconciliare lo strappo.

D’altra parte sembra ugualmente plausibile che vista la notorietà della leggenda questa sia stata poi riportata solo in precise parti, e non nella sua interezza, per incappare in ridondanza.

Romanzo bretone ed eredità di Chretien

Romanzo di Chretien ha una profonda influenza sul genere fino alla fine del XIII secolo.

Il romanzo in versi del ciclo arturiano ha fortuna fino all’avvento del romanzo in prosa, dal quale in un certo senso muove le fila.

L’ultimo romanzo di Chretien, il conte du Graal, rimane incompiuto dall’autore. Alla sua morte vengono prodotte tre versioni conclusive differenti. Tuttavia queste non muovono passi decisivi in direzione di un riassetto particolare dell’opera.

Differentemente Robert de Boron, la cui opera in versi ci è tramandata interamente in prosa, trasforma il Graal nel calice dell’ultima cena, nel quale Giuseppe d’Arimatea conserva il sangue di Cristo. Robert de Boron sposta il tema del Graal sul misticismo religioso. L’opera tradotta in prosa di Robert de Boron si mescolerà alla nascente produzione letteraria in prosa, dando origine ad un fiorente ciclo di prose sul Graal.

Contro Chretien ed il suo meraviglioso di stampo bretone si leva la protesta di alcuni realisti suoi contemporanei. In particolare il poeta di Arras. Dalla matrice realista prenderà piede il roman de la rose ou de Guillaume de Dole, di Jean Renart.